Infortunio sul lavoro e responsabilità amministrativa dell’Ente: risparmio di spesa?interesse?

TU sicurezza sul lavoro Dlgs. n. 81/08 -Responsabilità amministrativa dell’Ente D.lgs. n. 231/01 – concetto di RISPARMIO DI SPESA E INTERESSE DELL’ENTE

La Suprema con sentenza del 7 aprile 2022 (ud. 24 marzo 2022) n. 13218, Sez. IV penale torna ad argomentare in tema di lesioni personali colpose commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, sul principio secondo il quale, ove il giudice accerti l’esiguità del risparmio di spesa derivante dall’omissione delle cautele dovute, è necessaria la prova della oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quelle della tutela dei lavoratori per poter affermare che il reato è stato realizzato nell’interesse dell’ente, può operare soltanto in un contesto di generale osservanza da parte dell’impresa delle disposizioni in materia di sicurezza del lavoro e in mancanza di altra prova che la persona fisica, omettendo di adottare determinate cautele, abbia agito proprio allo scopo di conseguire un’utilità per la persona giuridica.

Si riporta di seguito lo stralcio in fatto e diritto del provvedimento le cui argomentazioni paiono di particolare interesse:

IN FATTO

  1. La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 4 febbraio 2021, ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Firenze il 2 ottobre 2017. (…) – nella qualità di socio amministratore e di incaricato per la sicurezza della “(…) s.n.c.” – è stato ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 590 commi 2 e 3 c.p. commesso in danno del dipendente (…). Con la medesima sentenza, la “(…) s.n.c.” è stata ritenuta responsabile ai sensi artt. 5 e 25-septies del D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, per il reato commesso dal (…), “nell’esclusivo interesse dell’ente”, in assenza di procedure amministrative volte a controllarne l’operato.
  2. Il procedimento ha ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi in (…) presso la sede della “(…) s.n.c.”. (…), dipendente della società, stava attraversando un piazzale adibito al deposito e alla movimentazione delle merci con mezzi meccanici e fu investito da un muletto in retromarcia condotto da altro dipendente della medesima società. A seguito di ciò riportò lesioni da schiacciamento al piede sinistro, dalle quali derivo una malattia di durata superiore ai quaranta giorni. (…) è stato ritenuto responsabile dell’evento lesivo per non aver adottato misure di prevenzione infortuni imposte dagli artt. 163 comma 1, 71 comma 4 lettera a) e 15 del D.lgs. 9 aprile 2008 n. 81. In particolare, gli è stato contestato: di non aver predisposto una segnaletica orizzontale idonea ad individuare vie di circolazione sicure all’interno del piazzale (art.163 comma 1 D.lgs. n. 81/2008); di non aver provveduto alla manutenzione del carrello elevatore, che aveva il cicalino di segnalazione della retromarcia non funzionante (art. 71 comma 4 lettera a) D.lgs. n. 81/2008); di non aver dotato il carrello elevatore di uno specchietto retrovisore (art. 15 D.lgs. n. 81/2008).
  3. Contro la sentenza hanno proposto tempestivo ricorso, per mezzo dei rispettivi difensori, sia (…) che la “(…) s.n.c.”
  • §§
  1. La “(…) s.n.c.” ha proposto un secondo motivo di ricorso con il quale lamenta carenza di motivazione con riferimento ai presupposti della responsabilità dell’ente ai sensi dell’art. 5 del D.lgs. n. 231/2001.4.1. Il ricorso è inammissibile nella parte in cui lamenta difetto di motivazione in ordine al vantaggio derivato all’ente dalla consumazione del reato. Alla società è stato contestato, infatti, che (…) agì quale amministratore con delega alla sicurezza “nell’esclusivo interesse dell’ente” per realizzare un risparmio di spesa, sicché, nel sostenere che il vantaggio per l’ente non sarebbe provato, il ricorrente solleva una questione eccentrica rispetto al contenuto dell’imputazione e, conseguentemente, della sentenza che ha riconosciuto la responsabilità della società con esclusivo riferimento al parametro di imputazione dell’interesse.

4.2. Il ricorso è infondato nella parte in cui deduce il difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla sussistenza dell’interesse quale criterio soggettivo di imputazione della responsabilità.
La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che tale criterio soggettivo di imputazione, debba essere indagato ex ante e consista nella prospettazione finalistica, da parte del reo-persona fisica, di arrecare un interesse all’ente mediante il compimento del reato, a nulla valendo che poi tale interesse sia stato o meno concretamente raggiunto (Sez. Un., n. 38343 del 24 aprile 2014, P.G., R.C., Espenhahn, Rv. 261114; Sez. 4, n. 38363 del 23/05/2018, Consorzio Melinda s.c.a., Rv. 274320; Sez. 4, n. 24697 del 20/04/2016, Mazzotti, Rv. 268066).
Le sentenze di merito – che possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale in virtù dei ripetuti richiami che la sentenza d’appello opera alla sentenza di primo grado (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595) – ricostruiscono con chiarezza il contesto nel quale l’infortunio si verificò. Chiariscono che nel piazzale non era presente alcuna forma di segnaletica stradale. Spiegano che il documento di valutazione del rischio, predisposto nel 2008, prevedeva espressamente la realizzazione di una segnaletica orizzontale volta a delimitare l’area adibita alla movimentazione dei mezzi, ma questa misura di prevenzione, che lo stesso datore di lavoro aveva individuato come doverosa, non fu mai attuata se non in epoca successiva all’infortunio. Chiariscono inoltre che, in due occasioni (nel mese di (…) e nel mese di (…)), il tecnico incaricato della manutenzione del muletto aveva segnalato la necessità di riparare o sostituire il “cicalino di retromarcia”, senza che nessuno provvedesse in tal senso. Deducono da queste circostanze che le modalità organizzative adottate dal (…) – in particolare la scelta di non predisporre segnaletica orizzontale in un piazzale nel quale “erano accumulate grandi quantità di merci” e vi erano “numerosi spostamenti in contemporanea di uomini e mezzi” – erano “sicuramente molto meno dispendiose” e finalizzate quindi ad un risparmio di spesa. Considerano perciò irrilevante che quel risparmio sia stato “esiguo” se raffrontato alle spese che ordinariamente la società sostiene per la manutenzione (documentate dalle schede contabili prodotte dal difensore dell’ente).Non si tratta di una motivazione mancante o apparente come il ricorso sostiene né di una motivazione che non si confronta con i principi giurisprudenziali in materia di responsabilità degli enti.

Si deve ricordare infatti:

– che il “risparmio” per l’impresa, nel quale si concretizza il criterio di imputazione oggettiva rappresentato dall’interesse, può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione (Sez. 4, n. 16598 del 24/01/2019, Tecchio, Rv. 27557001; Sez. 4, n. 29538 del 28/05/2019, Calcinoni, Rv. 27659603) e un tale risparmio si può realizzare anche consentendo lo spostamento simultaneo di uomini e mezzi senza delimitare le rispettive aree di azione;

– che il requisito della commissione del reato nell’interesse dell’ente non richiede una sistematica violazione di norme antinfortunistiche ed è ravvisabile anche in relazione a trasgressioni isolate se altre evidenze fattuali dimostrano il collegamento finalistico tra la violazione e l’interesse dell’ente (Sez. 4, n. 12149 del 24/03/2021, Rodenghi, Rv. 28077701; Sez. 4, n. 29584 del 22/09/2020, F.lli Cambria s.p.a., Rv. 27966001);

– che, nel caso in esame, la violazione delle norme in materia di prevenzione infortuni risulta essersi protratta nel tempo.

La circostanza che il risparmio conseguito per la mancata adozione delle misure antiinfortunistiche sia stato minimo a fronte delle spese ingenti che la società affronta per la manutenzione e la sicurezza, non assume rilievo nel caso concreto. Non ha infatti applicazione generale il principio – recentemente affermato – secondo cui, “ove il giudice accerti l’esiguità del risparmio di spesa derivante dall’omissione delle cautele dovute”, per poter affermare che il reato è stato realizzato nell’interesse dell’ente “è necessaria la prova della oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quelle della tutela dei lavoratori” (Sez. 4, n. 22256 del 03/03/2021, Canzonetti, Rv. 281276).

Come emerge chiaramente dalla motivazione della sentenza in parola, tale principio può operare soltanto “in un contesto di generale osservanza da parte dell’impresa delle disposizioni in materia di sicurezza del lavoro” e in mancanza di altra prova che la persona fisica, omettendo di adottare determinate cautele, “abbia agito proprio allo scopo di conseguire un’utilità per la persona giuridica”. Può applicarsi, dunque, soltanto in situazioni nelle quali l’infortunio “sia plausibilmente riconducibile anche a una semplice sottovalutazione del rischio o ad un’errata valutazione delle misure di sicurezza necessarie alla salvaguardia della salute dei lavoratori” e non quando, come nel caso di specie, quel rischio sia stato valutato esistente dallo stesso datore di lavoro, e le misure per prevenirlo, indicate nel documento di valutazione del rischio, siano state poi consapevolmente disattese per un lungo periodo di tempo.

  1. Il ricorso proposto da (…) è dunque inammissibile; quello proposto dalla “(…) s.n.c.”, in parte inammissibile in infondato ed entrambi i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.
    Rilevato che il ricorso proposto da (…) è inammissibile e non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente lo abbia proposto senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere per il (…) di versare una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso proposto nell’interesse di (…) e condanna tale ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Rigetta il ricorso proposto nell’interesse della “(…) s.n.c.” che condanna al pagamento delle spese processuali.

Formazione: contaminanti di prodotto e processo nell’era del Green Deal, controllo e gestione nei prodotti alimentari

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UN ASSAGGIO DEL MIO INTERVENTO …IN PILLOLE..

Un prodotto alimentare non può essere commercializzato se contiene #contaminanti in quantitativi inaccettabili sotto l’aspetto della #salute #pubblica e in particolare sul piano #tossicologico. I contaminanti devono essere mantenuti ai livelli più bassi che si possono ragionevolmente ottenere attraverso buone pratiche (articolo 2 del regolamento CEE 315/1993).

Per questo, il Ministero della Salute ha emanato a gennaio 2022 il nuovo #pianoannualedicontrolloufficiale per il #monitoraggio dei #contaminanti di origine #ambientale o #industriale.

Il regolamento UE n. 625/2017 definisce le modalità di attuazione dei #controlli e altre attività #ufficiali effettuate per garantire l’applicazione della legislazione sugli #alimenti e sui #mangimi, delle norme sulla #salute e sul #benessere degli #animali, sulla #sanità delle #piante nonché sui prodotti fitosanitari. L’adeguamento della normativa nazionale alle prescrizioni di questo regolamento è contenuto nel decreto legislativo n. 27 del 2 febbraio 2021 e s.m.i..

Nell’articolo 14, punto h) del citato regolamento, sono specificati i metodi e le tecniche da applicare per i #controlliufficiali, tra i quali vengono indicati “ #campionamento, analisi, diagnosi e prove”. Il Piano citato è inerente proprio alle attività di controllo di cui al punto h), nonché alle indicazioni riportate nell’allegato del decreto legislativo n. 27 del 2 febbraio 2021 e s.m.i..

A sua volta il regolamento CE n. 852/2004 e s.m.i. definisce i requisiti di igiene degli alimenti e introduce la responsabilità degli OSA per la sicurezza degli alimenti e il sistema dell’analisi dei rischi ( #HACCP) al fine della relativa gestione. Prevede, inoltre, il controllo della contaminazione, intesa come “la presenza o l’introduzione di un #pericolo”, e si applica a tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione degli alimenti nonché alla fase dell’esportazione.

Da quanto previsto dalla norma, si evince la necessità che le AC valutino l’efficacia del controllo dei contaminanti effettuato dagli #OSA anche attraverso attività di campionamento e analisi.

Quali i possibili esiti del controllo? i diritti e i doveri degli OSA?

Lavoro e parità di genere novità

Nell’area pro labour de Il Fatto quotidiano – che ringrazio per la fiducia e l’opportunità – un mio articolo nel quale tratto della parità di genere nei luoghi di lavoro e delle novelle normative in materia.

Cliccando sul link si accede alla versione integrale.

In breve….

Codice delle pari opportunità e novità

È entrata in vigore la Legge n. 162 del 5.11.2021 che modifica, potenziandolo, il Codice delle pari opportunità di cui al D.lgs. n. 196/2006. nato per attuare la legge delega 14 marzo 1985 n. 132.
Nell’articolo vengono analizzate le novelle normative più importanti nonchè la previsione della cosiddetta certificazione della parità di genere che viene introdotta a far data al 1° gennaio 2022. La certificazione attesterà che l’azienda ha implementato misure atte in concreto a ridurre il divario di genere in ambito di pari opportunità di crescita sul lavoro, salariali e di mansioni, nonché a dimostrare che siano state adottate politiche di gestione delle differenze di genere e a tutela della maternità

Gli strumenti ci sono, ora sono gli attori che devono entrare in scena!

Esclusione responsabilità datore di lavoro e rischio “eccentrico”

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La Cassazione con la sentenza del 16 febbraio 2022 n. 5417 si sofferma sui presupposti dell’addebito di responsabilità formalizzabile a carico del datore di lavoro in caso di infortunio sul luogo di lavoro e sulle cause di esclusione introducendo un nuovo concetto atto a chiarire quale comportamento del lavoratore possa rilevare, per escludere la responsabilità del datore di lavoro titolare della posizione di garanzia: non più e non solo sotto il profilo del nesso causale ma, altresì, nell’ottica dell’elemento soggettivo, sotto il profilo dell’esclusione della colpa del datore di lavoro.

Si affianca, infatti, al concetto di comportamento abnorme del lavoratore anche quello del c.d. rischio eccentrico.

Vediamo.

Come noto la responsabilità del datore di lavoro non è esclusa dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore, che abbiano contribuito alla verificazione dell’infortunio, giacché al datore di lavoro, che è “garante” anche della correttezza dell’agire del lavoratore, è imposto (anche) di esigere da quest’ultimo il rispetto delle regole di cautela (cfr. articolo 18, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81).

Ma esistono due eccezioni alla regola.

La prima è riconducibile al comportamento “abnorme” del lavoratore, concetto sul quale la giurisprudenza ha avuto già più occasioni di esprimersi.

E, dunque, coerentemente con il disposto di cui all’art. 41, comma 2 c.p., (interruzione del nesso causale) in presenza di un comportamento “abnorme” ovvero non suscettibile di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro la condotta colposa del datore di lavoro che possa essere ritenuta antecedente remoto dell’evento dannoso viene meno considerato l’intervenuto un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile (e come tale inevitabile) del lavoratore.

La condotta del datore di lavoro viene, cioè, ad essere neutralizzata e privata di qualsivoglia rilevanza efficiente rispetto alla verificazione di un evento dannoso (l’infortunio), che, per l’effetto, è addebitabile materialmente e giuridicamente al lavoratore.

Altra situazione, di recente conio giurisprudenziale, in grado di incidere sulla responsabilità del datore di lavoro, in questa circostanza incidendo sul profilo soggettivo della colpa, è il c.d. rischio “eccentrico”

E’ quanto si evince dalla recente sentenza del 16 febbraio 2022 n. 5417 che, riprendendo un concetto già in parte richiamato  (cfr. S.U., 24 aprile 2014, Espenhahn e altri), precisa che il datore di lavoro  può NON essere chiamato a rispondere dell’infortunio subito dal lavoratore non solo quando il comportamento di quest’ultimo risulti definibile come “abnorme”, ma, altresì, allorchè  il comportamento del lavoratore, risulti “eccentrico” rispetto al rischio lavorativo che il garante della sicurezza è chiamato ad elidere (leggi datore di lavoro). 

Al datore di lavoro non può essere mosso alcun rimprovero per il comportamento adottato in presenza di un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che, appunto, il garante della sicurezza è chiamato a governare (cfr. sezione IV, 5 maggio 2015, Sorrentino e altri). In questo caso, l’addebito va escluso non per assenza (interruzione) del nesso eziologico, bensì per carenza di profili di colpa ovvero sotto il profilo della carenza dell’elemento soggetto.

Ed infatti, ai fini della qualificazione del comportamento del lavoratore in termini di “eccentricità”, ciò che rileva è il fatto che il comportamento tenuto non può essere rimproverato al datore di lavoro.

Detto altrimenti: in tema di infortuni sul lavoro, l’agire imprudente del lavoratore può rilevare, per escludere la responsabilità del datore di lavoro titolare della posizione di garanzia, o nell’ottica dell’elemento oggettivo del reato, sotto il profilo del nesso causale, oppure nell’ottica dell’elemento soggettivo, sotto il profilo dell’esclusione della colpa del datore di lavoro (cfr. sezione IV, 16 aprile 2019, Romano). Con riferimento al primo aspetto, al comportamento del lavoratore imprudente può attribuirsi efficacia interruttiva del nesso causale solo ove tale comportamento possa essere ritenuto “abnorme”; mentre, con riferimento al secondo aspetto, quello afferente la colpa del datore di lavoro, l’“eccentricità” della condotta del lavoratore può escludere la colpa solo in quando introduca un rischio un rischio imprevedibile e, conseguentemente, inevitabile.

E’ quindi necessario che non possa addebitarsi al datore di lavoro alcuna condotta colposa che lo abbia portato a sottovalutare un rischio prevedibile, pur correlato a una condotta imprudente del lavoratore.

La Cassazione nella recente sentenza in commento infatti precisa che in tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un “rischio eccentrico”, con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l’evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante.