Covid 19: il cibo è un rischio?

Covid 19: il cibo è un rischio? No!

Rischio di infezione attraverso gli alimenti e certificazioni “coronavirus free”

E’ un fatto: ci troviamo ad affrontare insieme un’emergenza sanitaria senza precedenti, la Pandemia dichiarata tale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che colpisce tutti noi oramai da tempo, in un modo o nell’altro.

Da tempo i media sono brulicanti di notizie sul tema ed i cittadini si affidano alle notizie televisive, alla stampa nonché ai siti internet per cercare risposte e soluzioni contro questo nemico invisibile. Orientarsi è davvero difficile.

Ciò a causa del dilagare di numerose fake news sul tema poi smentite dalle Autorità ma che, inevitabilmente, hanno spesso portato ad interrogarsi su chi e di quali informazioni fidarsi.

Due tra le tante notizie false da sfatare sono quelle

  • sui legami tra il Covid-19 e l’alimentazione, ovvero sulla possibilità di contrarre il virus attraverso il cibo e la garanzia che la sicurezza alimentare;
  • i controlli ufficiali lungo la filiera non siano ad oggi prestati efficientemente, date le indubbie difficoltà del momento storico che stiamo vivendo.

La disponibilità di alimenti sicuri è un requisito essenziale per la tutela della salute umana e la protezione dei consumatori e, dunque, l’elaborato cerca di fare chiarezza su alcuni punti trattando in particolare:

  • A. Alimenti come veicolo di trasmissione del Covid-19 e certificati “coronavirus free”;
  • B. Contaminazione secondaria da goccioline di secrezioni respiratorie: azioni correttive nella gestione del rischio biologico da contaminazione SARS-CoV-2 a garanzia della sicurezza degli alimenti
  • C. Garanzia dei controlli ufficiali: regolamenti d’urgenza della Commissione Europea e disposizioni del Ministero della Salute

 

La battaglia delle etichette

“La battaglia delle etichette fronte pacco”

NutrInform Battery, Nutriscore: cosa sono, come sono e cosa servono

Ognuno di noi compie delle scelte alimentari in funzione dei propri gusti e desideri, ma anche in relazione a tanti fattori di vita, nonché alle eventuali patologie che voglia risolvere. In questi ultimi casi è necessario prestare una particolare attenzione alla dieta e preferire alcuni prodotti ad altri. Che si tratti di problemi di salute o del semplice desiderio di ritrovare un proprio equilibrio fisico o il peso forma, il punto di partenza è capire cosa si sta acquistando e quindi ottenere delle informazioni chiare e precise sulle proprietà nutrizionali di un alimento per poter acquistare in modo consapevole e serenamente. Quanti grassi? Zuccheri? Calorie? La risposta a queste domande è inserita in etichetta laddove è riportata la dichiarazione nutrizionale che fa parte delle indicazioni obbligatorie da riportare sulla carta di identità degli alimenti.

Tale previsione è disciplinata dal Regolamento UE n. 1169/11 agli articoli 29-35 oltre ai relativi allegati e rappresenta un valido strumento per consentire ai consumatori di effettuare scelte informate in quanto l’etichetta deve riportare tassativamente il valore energetico dell’alimento nonché la quantità di alcuni nutrienti quali i grassi, gli acidi grassi saturi, i carboidrati, gli zuccheri, le proteine e il sale. Volontariamente possono essere indicati anche, se presenti in quantità significativa, gli acidi grassi monoinsaturi, i grassi polinsaturi, i polioli, l’amido, le fibre ed i sali minerali o le vitamine.

Queste indicazioni, considerato lo scopo perseguito, devono essere chiare, veritiere e non ingannevoli. Lo richiede espressamente l’art. 7 Reg. UE n. 1169/2011 rubricato “Pratiche leali di informazione” che prevede, altresì, il divieto di riferimenti a proprietà di prevenzione, trattamento, guarigione di una malattia (salvo deroghe precise).

Le informazioni nutrizionali, dunque, non devono trarre in errore il consumatore e devono essere presentate secondo precisi criteri previsti dagli artt. 32, 33 e 34 Reg. UE n. 1169/2011. In via esemplificativa, la dichiarazione va sempre espressa per 100 g o 100 ml di prodotto, con la possibilità di utilizzare questi valori per indicare la percentuale delle assunzioni di riferimento riportando, contestualmente e nelle immediate vicinanze della dichiarazione nutrizionale, la dicitura “assunzioni di riferimento di un adulto medio (8400 kJ/2000 kcal)”. Inoltre, i dati possono anche essere indicati per porzione e/o unità di consumo, purché si riporti il numero di porzioni o unità contenute nell’imballaggio. Per quanto concerne la presentazione di queste informazioni, è previsto normativamente (art. 34) che rientrino nel medesimo campo visivo, se lo spazio lo consente sotto forma di tabella.

Queste informazioni riguardano l’etichetta BACK OF PACK, cioè quella che si trova normalmente sul RETRO DELLA CONFEZIONE.

MA, proprio perché la lettura attenta delle etichette degli alimenti, grazie alle informazioni presenti sulle sostanze nutritive e sulle calorie contenute, può contribuire a educare e orientare il consumatore verso una alimentazione corretta, sono consentite anche forme alternative di etichettatura volte a facilitare la comprensione delle indicazioni nutrizionali che possono essere indicate mediante altre forme di espressione e/o presentate usando forme o simboli grafici oltre a parole o numeri purché siano rispettati determinati requisiti (art. 35 par. 1 Reg. UE n. 1168/201).

In questo articolo si tratta proprio dei vari tipi di etichettatura fronte pacco (FOP) adottati in tutta l’Europa con un focus sulla proposta italiana, NutrInform Battery.

Sorgono quindi spontanee alcune domande:

  1. Come si legge questa nuova etichetta?
  2. Potrà essere apposta su qualsiasi prodotto?
  3. Cosa dovranno fare gli operatori che vorranno adottarla?
  4. E’ l’unica etichetta fronte pacco adottata in tutta Europa

Inoltre, quali sono le altre proposte? perchè questa battaglia tra etichette di “nuova generazione”?

Diritto e Cibo rubrica

Il diritto ad un cibo adeguato, sano e giusto è al centro dell’attenzione mondiale, ma non c’è bisogno che lo dica io; ebbene, in questo contesto ho pensato ad un laboratorio MA giuridico che mi rappresenta sia come avvocato e consulente di diritto alimentare che come nutrizionista e terapista alimentare: una fucina di informazioni che spaziano dal rapporto tra il cibo e i suoi aspetti culturali, alla sostenibilità ambientale, passando dai più complessi temi della legalità alimentare.

Potete leggere alcuni miei articoli o guardare dei video registrati grazie alla collaborazione della dott.ssa Maria Chiara Italia mediatrice familiare, editor

Covid-19 e responsabilità penale datore di lavoro

Ci troviamo ad affrontare un’emergenza sanitaria senza precedenti: la Pandemia che colpisce Tutti Noi, in un modo o nell’altro. A causa del diffondersi del COVID-19 sono stati emanati dal Governo una serie di provvedimenti restrittivi volti al contenimento dei contagi nei luoghi di lavoro, dapprima nelle aziende rimaste attive durante il lock down e, di poi, in quelle che hanno ripreso l’ordinaria attività a far data dalla c.d. Fase2. L’elaborato si pone dunque l’obiettivo di evidenziare i rischi penali in cui potrebbe incorrere  datore di lavoro in caso di contagio di un dipendente.

Vengono toccati i seguenti punti:

1) I primi interventi normativi emergenziali e l’equiparazione dell’infezione da Coronavirus ad un infortunio sul lavoro

2) La responsabilità del datore di lavoro: il principio generale di cui all’art 2087 c.c. ed il D.Lgs. n. 81/08

3) I chiarimenti dell’Inail e l’art. 29 bis D.L. n. 23/20 ( L. n. 40/20) : scudo penale?

4) Conclusioni

Misure anticontagio: quali sanzioni?

A causa del diffondersi del COVID-19 sono stati emanati una serie di provvedimenti restrittivi ed i settori interessati dai DPCM e dai DL nonché dalle Ordinanze della Regione Lombardia (questi ultimi, ovviamente, valevoli solo per il territorio regionale interessato e nei limiti in cui prevedano restrizioni maggiori rispetto ai DPCM ed ai DL), sono pertinenti sia la sfera personale che i luoghi di lavoro, aziende ed attività commerciali rimaste attive.

Nel tentativo di supportare l’analisi una mappa ragionata del quadro della normativa emergenziale, aggiornata da ultimo al DPCM dell’1 aprile 2020 ed all’Ordinanza n. 521 della Regione Lombardia del 4 aprile 2020, e districarsi tra i numerosi provvedimenti che si stanno susseguendo in questo periodo e che verranno emanati per far fronte alla riorganizzazione del quotidiano sia personale che lavorativo si è ritenuto potesse essere di ausilio un breve elaborato con l’obiettivo di evidenziare i rischi penali (ma anche amministrativi) correlati alla violazione delle misure di contenimento in vigore.

Il documento si compone di compone di 4 sezioni:

1) le prescrizioni anti-contagio, aggiornate ai provvedimenti di emergenza dello Stato e della Regione Lombardia dei primi di aprile 2020, previste sia per i privati che per le attività commerciali e le aziende al momento in attività;

2) le sanzioni amministrative e penali previste dalla normativa emergenziale e non in caso di violazione delle prescrizioni anti-contagio da parte dei privati;

3) le sanzioni amministrative e penali previste dalla normativa emergenziale e non per le attività commerciali e per i datori di lavoro:

Focus sulle disposizioni di cui al D.lgs.. n. 81/08 ed il D.lgs. n. 231/01.

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