Esclusione responsabilità datore di lavoro e rischio “eccentrico”

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La Cassazione con la sentenza del 16 febbraio 2022 n. 5417 si sofferma sui presupposti dell’addebito di responsabilità formalizzabile a carico del datore di lavoro in caso di infortunio sul luogo di lavoro e sulle cause di esclusione introducendo un nuovo concetto atto a chiarire quale comportamento del lavoratore possa rilevare, per escludere la responsabilità del datore di lavoro titolare della posizione di garanzia: non più e non solo sotto il profilo del nesso causale ma, altresì, nell’ottica dell’elemento soggettivo, sotto il profilo dell’esclusione della colpa del datore di lavoro.

Si affianca, infatti, al concetto di comportamento abnorme del lavoratore anche quello del c.d. rischio eccentrico.

Vediamo.

Come noto la responsabilità del datore di lavoro non è esclusa dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore, che abbiano contribuito alla verificazione dell’infortunio, giacché al datore di lavoro, che è “garante” anche della correttezza dell’agire del lavoratore, è imposto (anche) di esigere da quest’ultimo il rispetto delle regole di cautela (cfr. articolo 18, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81).

Ma esistono due eccezioni alla regola.

La prima è riconducibile al comportamento “abnorme” del lavoratore, concetto sul quale la giurisprudenza ha avuto già più occasioni di esprimersi.

E, dunque, coerentemente con il disposto di cui all’art. 41, comma 2 c.p., (interruzione del nesso causale) in presenza di un comportamento “abnorme” ovvero non suscettibile di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro la condotta colposa del datore di lavoro che possa essere ritenuta antecedente remoto dell’evento dannoso viene meno considerato l’intervenuto un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile (e come tale inevitabile) del lavoratore.

La condotta del datore di lavoro viene, cioè, ad essere neutralizzata e privata di qualsivoglia rilevanza efficiente rispetto alla verificazione di un evento dannoso (l’infortunio), che, per l’effetto, è addebitabile materialmente e giuridicamente al lavoratore.

Altra situazione, di recente conio giurisprudenziale, in grado di incidere sulla responsabilità del datore di lavoro, in questa circostanza incidendo sul profilo soggettivo della colpa, è il c.d. rischio “eccentrico”

E’ quanto si evince dalla recente sentenza del 16 febbraio 2022 n. 5417 che, riprendendo un concetto già in parte richiamato  (cfr. S.U., 24 aprile 2014, Espenhahn e altri), precisa che il datore di lavoro  può NON essere chiamato a rispondere dell’infortunio subito dal lavoratore non solo quando il comportamento di quest’ultimo risulti definibile come “abnorme”, ma, altresì, allorchè  il comportamento del lavoratore, risulti “eccentrico” rispetto al rischio lavorativo che il garante della sicurezza è chiamato ad elidere (leggi datore di lavoro). 

Al datore di lavoro non può essere mosso alcun rimprovero per il comportamento adottato in presenza di un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che, appunto, il garante della sicurezza è chiamato a governare (cfr. sezione IV, 5 maggio 2015, Sorrentino e altri). In questo caso, l’addebito va escluso non per assenza (interruzione) del nesso eziologico, bensì per carenza di profili di colpa ovvero sotto il profilo della carenza dell’elemento soggetto.

Ed infatti, ai fini della qualificazione del comportamento del lavoratore in termini di “eccentricità”, ciò che rileva è il fatto che il comportamento tenuto non può essere rimproverato al datore di lavoro.

Detto altrimenti: in tema di infortuni sul lavoro, l’agire imprudente del lavoratore può rilevare, per escludere la responsabilità del datore di lavoro titolare della posizione di garanzia, o nell’ottica dell’elemento oggettivo del reato, sotto il profilo del nesso causale, oppure nell’ottica dell’elemento soggettivo, sotto il profilo dell’esclusione della colpa del datore di lavoro (cfr. sezione IV, 16 aprile 2019, Romano). Con riferimento al primo aspetto, al comportamento del lavoratore imprudente può attribuirsi efficacia interruttiva del nesso causale solo ove tale comportamento possa essere ritenuto “abnorme”; mentre, con riferimento al secondo aspetto, quello afferente la colpa del datore di lavoro, l’“eccentricità” della condotta del lavoratore può escludere la colpa solo in quando introduca un rischio un rischio imprevedibile e, conseguentemente, inevitabile.

E’ quindi necessario che non possa addebitarsi al datore di lavoro alcuna condotta colposa che lo abbia portato a sottovalutare un rischio prevedibile, pur correlato a una condotta imprudente del lavoratore.

La Cassazione nella recente sentenza in commento infatti precisa che in tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un “rischio eccentrico”, con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l’evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante.

Direttiva macchine: manuale d’uso e infortunio sul lavoro

Direttiva Macchine e infortunio sul lavoro: la responsabilità del produttore e del datore di lavoro in caso di infortunio e la rilevanza della corretta ed esauriente redazione del manuale d’uso della macchina. Riflessioni

La Cassazione in una recente sentenza (Cassazione Penale – Sezione Quarta – sentenza n. 3938 del 4 febbraio 2022) interviene sulla responsabilità penale del soggetto produttore del macchinario dal cui uso sia scaturito un infortunio sul lavoro e dell’obbligo generalizzato di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro imposto allo stesso produttore mediante la predisposizione di strumenti informativi per i lavor-attori chiari ed esaurienti sotto il profilo specifico delle cautele e degli accorgimenti da adottare per ovviare a possibili rischi alla loro incolumità fisica.

Una pronuncia che porta a riflettere su un tema poco battuto  in materia considerato che, almeno nella maggior parte dei casi, la responsabilità del produttore è ricondotta a possibili difetti del macchinario dal cui uso sia derivato l’infortunio sul lavoro (tra le rare eccezioni si ricorda: Corte di Cassazione Penale Sezione IV – Sentenza n. 28296 del 12 ottobre 2020 (u. 16 settembre 2020) – Pres. Piccialli – Est. Ranaldi – P.M. Perelli – Ric. S.S..  – Il venditore di una macchina ha l’onere di verificare il rispetto del prodotto fornito e dei suoi accessori alle norme di sicurezza e può rispondere di un infortunio se nel manuale d’uso non è stato indicato l’utilizzo di un accessorio di sicurezza).

In questi casi, ovvero quelli più frequenti aventi ad oggetto problematiche connesse a difetti strutturali del macchinario, peraltro, tale responsabilità (del produttore) concorre, almeno nella maggior parte delle vicende giudiziarie, con quella del datore di lavoro da sempre individuato quale soggetto tenuto alla tutela della sicurezza dell’ambiente di lavoro e dunque obbligato alla verifica della corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati anche allorchè sia stato accertato che su questi sia apposta la marchiatura di conformità “CE”, di per sé ritenuta inidonea ad esonerarlo dalla predetta responsabilità (per tutti vedi Cass. Pen. – Sez. IV – sent. n. 42110 del 18.11.2021).

La Corte di Cassazione in questi casi ha, anzi, altresì precisato come tale orientamento sia applicabile anche nei confronti del produttore o rivenditore della macchina, ne deriva, quindi, che se la presunzione di conformità alla legge del macchinario con marcatura  CE è, come detto, ininfluente rispetto alla valutazione della condotta diligente del datore di lavoro, a maggior ragione  deve ritenersi tale anche nei confronti del produttore o venditore che, peraltro, hanno (o dovrebbero avere) maggiori possibilità di verifica e controllo sul macchinario.

Generalmente, dunque, la responsabilità penale del produttore è stata ricondotta ed argomentata nella giurisprudenza di legittimità e dalla Suprema a quei casi purtroppo frequenti in cui ricorra una di fattispecie di inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina ed ha trovato, anzi, ulteriore conferma proprio in quelle pronunce che hanno affermato la concorrente colpevolezza del datore di lavoro per non avere assolto all’obbligo di eliminare le fonti di pericolo derivanti dall’utilizzo del macchinario e di non aver adottato tutti gli strumenti anche tecnologi a tutela della sicurezza dei lavoratori (Cass. Pen. – Sez. IV – sent. n. 41147 del 17.10.2021).

Nei casi di  responsabilità condivisa, la colpa esclusiva del produttore peraltro non è rara per quanto ricorra solo qualora l’accertamento di un elemento di pericolo da parte del datore di lavoro sia oggettivamente impossibile per le specifiche e particolati caratteristiche della macchina o per la sussistenza di un vizio di progettazione che non sia obiettivamente rilevabile nonostante la diligenza apprestata prima del suo utilizzo (Cass. Pen. – Sez. IV – sent. n. 1184 del 03.10.2018).

Del resto le leggi nazionali degli Stati membri dell’Unione Europea prevedono che le macchine soddisfino i requisiti essenziali di salute e sicurezza EHSR (Essential Health and Safety Requirements) definiti dalla Direttiva Macchine 2006/42/CE e le norme armonizzate specificate nella Direttiva costituiscono una delle vie preferenziali per dimostrare la conformità legale dei macchinari.

Questo significa che tutte le macchine immesse sul mercato all’interno dell’Unione Europea devono soddisfare gli stessi requisiti Legali. Le stesse norme sono riconosciute anche in diverse zone fuori dall’Europa, ad esempio mediante l’adozione di tabelle di equivalenza.

La sicurezza delle macchine è una delle aree di interesse in più rapida crescita nell’ambito industriale rappresentando uno tra gli strumenti indubbiamente efficaci e, comunque, co- partecipi unitamente ad altri fattori, alla lotta contro gli infortuni sul lavoro.

Per questo la materia è sempre più attenzionata ma nel caso di specie ricorda la necessità, come detto, di ampliare le riflessioni a nuovi scenari dai quali possa derivare la responsabilità penale del produttore e attraverso i quali è possibile garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro.

La Cassazione, infatti, come precisato, concentra le proprie argomentazioni sul manuale d’uso che accompagna la macchina e che deve essere completo nelle sue informazioni potendo diversamente incorrere in responsabilità penale il produttore.

In conclusione

La redazione puntuale di un manuale d’uso è parte integrante della sicurezza della macchina e se soddisfatta la responsabilità penale del produttore parrebbe poter essere esclusa residuando quella esclusiva del datore di lavoro ovviamente anche in tal caso al ricorrere di determinate circostanze e, nel caso di specie, aver installato e utilizzato il macchinario senza appunto rispettare le istruzioni d’uso atte a garantire la sicurezza dei lavor-attori (si ricorda che ulteriori ipotesi nelle quali la responsabilità colposa del costruttore, che deriva dall’inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, cioè dalla mancata predisposizione dei sistemi di sicurezza previsti dalla normativa di settore e da quelli che, in relazione alla singola apparecchiatura, si rivelino idonei ad evitare che l’uso del macchinario costituisca pericolo per colui che lo utilizza, può essere esclusa  quando si provi che l’utilizzatore/datore di lavoro abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura e di entità tale da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento (così Sez. 4, n. 1216 del 26/10/2005, dep. 13/01/2006, Rv. 233174)  ovvero quando il macchinario sia utilizzato in modo del tutto improprio, tale da poter essere considerato, a sua volta, causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l’evento.((Sez. 4, n. 42110 del 21/10/2021, Rv. 282300; Sez. 4, n. 5541 del 08/11/2019, dep. 12/02/2020, Rv. 278445; Sez. 4, n. 39157 del 18/01/2013, Rv. 256390).

In merito giova ricordare che:

  • Il Testo Unico in materia di Sicurezza e Salute sul Lavoro D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. nell’art. 71 definisce gli obblighi del Datore di lavoro relativamente alle macchine e attrezzature messe a disposizione dei lavoratori. In linea di principio il citato articolo del D.Lgs. 81/2008 richiede che tali macchine e attrezzature di lavoro siano sicure al momento della scelta e messa a disposizione dei lavoratori e che rimangano adeguate nel tempo. Il D.Lgs. 81/08 e s.m.i. analizza la sicurezza inerente l’uso delle attrezzature di lavoro all’interno del Titolo III, nello specifico l’art. 70 richiama gli obblighi del Datore di lavoro al che le stesse, quando messe a disposizione dei lavoratori siano rispondenti alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive Comunitarie di prodotto.

Esiste quindi una posizione di garanzia dalla quale derivano degli obblighi (quelli di cui parleresti tu rispetto a come deve essere una macchina) che se non vengono rispettati possono portare a queste contestazioni:

in merito all’utilizzo di macchine non conformi, sono sancite dall’art. 87 del D.Lgs. 81/08 le sanzioni penali previste a carico del Datore di lavoro e del Dirigente che si riportano di seguito:

Sanzioni penali a carico del Datore di lavoro e del Dirigente:

  • Art. 70, comma 1: arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.740,00 a 7.014,40 euro [Art. 87, comma 2, lett. a)]

Art. 70 comma 1: Salvo quanto previsto al comma 2, le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto

Sanzioni penali a carico del Datore di lavoro e del Dirigente:

  • Art. 70, comma 2, limitatamente ai punti 3.2.1, 5.6.1, 5.6.6, 5.6.7, 5.9.1, 5.9.2, 5.13.8 e 5.13.9 dell’Allegato V, parte II: arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.740,00 a 7.014,40 euro [Art. 87, comma 2, lett. b)]
  • Art. 70, comma 2, limitatamente ai punti 2.10, 3.1.8, 3.1.11, 3.3.1, 5.1.3, 5.1.4, 5.5.3, 5.5.7, 5.7.1, 5.7.3, 5.12.1, 5.15.2, 5.16.2, 5.16.4, dell’Allegato V, parte II: arresto da due a quattro mesi o ammenda da 1.096,00 a 5.260,80 euro [Art. 87, comma 3, lett. a)]

Sanzioni amministrative a carico del Datore di lavoro e del Dirigente:

  • Art. 70, comma 2, limitatamente ai punti dell’Allegato V, parte II, diversi da quelli indicati alla lettera a) del comma 3 e alla lettera b) del comma 2 dell’art. 87: sanzione amministrativa pecuniaria da 548,00 a 1.972,80 euro [Art. 87, comma 4, lett. a)]

Art. 70, comma 2: Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all’emanazione di norme legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui all’ALLEGATO V.

Sanzioni a carico del Datore di lavoro e del Dirigente:

  • Art. 71, comma 4: arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.740,00 a 7.014,40 euro [Art. 87, comma 2, lett. c)]

Art. 71, comma 4: Il Datore di lavoro prende le misure necessarie affinché: a) le attrezzature di lavoro siano:

1) installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d’uso;

2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d’uso e libretto di manutenzione;

3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui all’articolo 18, comma1, lettera z);

  1. b) siano curati la tenuta e l’aggiornamento del registro di controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso è previsto.

Ovviamente  a queste sanzioni possono essere correlate quelle del codice penale in caso appunto di infortunio.

Un contributo alla cultura sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. 

 

Il biologico ha nuove regole

La Commissione ha definito un piano d’azione organico completo per l’Unione europea. Attraverso di essa, la Commissione mirerà a raggiungere l’obiettivo del Green Deal europeo del 25% dei terreni agricoli ad agricoltura biologica entro il 2030.

Il piano d’azione è suddiviso in tre assi interconnessi che riflettono la struttura della filiera alimentare e gli obiettivi di sostenibilità del Green Deal.
Asse 1 : stimolare la domanda e garantire la fiducia dei consumatori.
Asse 2 : stimolare la conversione e rafforzare l’intera catena del valore.
Asse 3 : il biologico guida l’esempio: migliorare il contributo dell’agricoltura biologica alla sostenibilità ambientale.
I tre assi saranno supportati da 23 azioni, che proseguiranno alcune delle azioni di successo del periodo 2014-2020, oltre a proporre una serie di nuove azioni e mobilitare diverse fonti di finanziamento.

Asse 3: il biologico guida l’esempio: migliorare il contributo dell’agricoltura biologica alla sostenibilità

L’agricoltura biologica contribuisce alla protezione dell’ambiente e del clima, alla fertilità a lungo termine del suolo, ad elevati livelli di biodiversità, ad un ambiente atossico e ad elevati standard di benessere animale.

La terra coltivata biologicamente ha circa il 30% in più di #biodiversità rispetto alla terra coltivata in modo convenzionale. L’agricoltura biologica è, ad esempio, benefica per gli impollinatori. Gli agricoltori biologici non possono utilizzare pesticidi chimici e fertilizzanti sintetici. Inoltre, è vietato l’uso di OGM e radiazioni ionizzanti e l’uso di antibiotici è severamente limitato.
Tuttavia, è importante esplorare modi nuovi e migliorati per l’agricoltura biologica per ridurre il proprio #impatto #ambientale. La Commissione migliorerà ulteriormente il contributo del settore biologico alla sostenibilità e alle sfide ambientali attraverso azioni incentrate su:
-riduzione dell’impronta climatica e ambientale;
-migliorare la #biodiversità genetica e aumentare i raccolti;
-lo sviluppo di alternative agli input controversi e ad altri prodotti fitosanitari;
-migliorare il #benessere degli #animali ;
-fare un uso più efficiente delle risorse.

#Basilegali
Il 1° gennaio 2022 è stata introdotta una #nuova #normativa relativa al settore #biologico. Questa #normativa cerca di rispondere alle sfide poste dalla rapida espansione dell’agricoltura #biologica fornendo un quadro giuridico più efficace per l’industria.

Si tratta del #regolamentoUE2018/848 cui sono seguiti ulteriori
atti delegati di portata generale per integrare o modificare alcuni elementi non essenziali (nel senso di complementari) dell’ atto legislativo; nonchè atti di esecuzione da cui la versione consolidata del Regolamento (UE) 2018/848.

E l’ #italia ? è stata approvata proprio i primi giorni di marzo la nuova #legge sul biologico e la previsione di una marchio #bio tutto #italiano..

Ne parlo in questo articolo con lo scopo di diffondere uno degli strumenti di #sostenibilità

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Tutela del Made in Italy

Legge Europea: focus lotta alla contraffazione e tutela del Made in Italy

Nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 17 gennaio 2022 è stata pubblicata la Legge 23 dicembre 2021, n. 238, recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2019-2020” (Legge Europea 2019-2020), provvedimento con il quale vengono introdotte disposizioni per adeguare la legislazione vigente nazionale al diritto europeo e per assicurare la corretta attuazione dei regolamenti europei e delle direttive europee già recepite.

Il testo della Legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale, composto da 48 articoli, interviene in diversi settori eterogenei: libera circolazione di persone, beni e servizi e merci, sicurezza e giustizia, fiscalità e dogane, appalti pubblici, affari economici e monetari, sanità, protezione dei consumatori, energia, e altre disposizioni di natura procedurale.

L’art. 22 si occupa in particolare di rafforzare il sistema della lotta alle contraffazioni che rappresentano oramai una piaga per l’economia e che è in continua evoluzione nel mercato europeo. Con la Legge Europea, in vigore dal 1 febbraio 2022, infatti, l’Italia ha attuato il regolamento Ue n. 608/2013 sull’acquisto di prodotti contraffatti.

Quali le novità?

Dopo il c. 7 dell’art. 1, D.L. n. 35/2005, convertito in legge n. 80/2005, avente ad oggetto “Rafforzamento del sistema doganale, lotta alla contraffazione e sostegno all’internazionalizzazione del sistema produttivo”, vengono introdotti tre nuovi commi (7-bis, 7-ter e 7-quater) che colmano una lacuna nell’ attuale sistema sanzionatorio relativa alla fattispecie dell’introduzione con qualsiasi mezzo nel territorio dello Stato di piccoli quantitativi di merce contraffatta da parte dell’acquirente finale proveniente da Stati extra-UE. Di nuova introduzione, altresì, la previsione dell’onere del vettore di custodire e distruggere i beni contraffatti, nel caso in cui non vi abbia provveduto l’acquirente.

La politica di contrasto alla contraffazione sposta dunque l’attenzione sull’acquirente finale che introduca nello Stato piccole quantità di beni contraffatti, così lanciando un messaggio forte: qualsiasi attività usurpativa di titoli di proprietà intellettuale anche di entità irrisoria (rectius minima) può comportare l’irrogazione di sanzioni. L’intento pare essere volto a rafforzare la tutale del Made in Italy.

Vediamo nello specifico cosa prevede il nuovo dettato normativo:

  • comma 7-bis punisce l’acquirente finale, che, con qualsiasi mezzo, all’interno degli spazi doganali, introduca nel territorio italiano beni provenienti da Paesi extracomunitari, che violino:

– le norme di origine e provenienza dei prodotti;

– di proprietà industriale di diritto di autore.

  • Le condizioni per l’irrogazione della sanzione pecuniaria amministrativa sono:

i beni in questione:

– devono essere in quantità pari o inferiore a 20 pezzi;

devono avere un peso lordo pari o inferiore a 5 kg;

– l’introduzione dei beni non deve essere connessa all’esercizio di un’attività commerciale.

  • La sanzione irrogata anche in questo caso parte da euro 100,00 per arrivare a euro 7.000,000;

 

  • comma 7 ter pone a carico del vettore l’onere economico inerente alla custodia delle merci ed alla distruzionedelle stesse, nel caso in cui non vi provveda direttamente l’acquirente finale, che è il primo soggetto onerato. Tale disposizione si giustifica con la rappresentanza dell’acquirente da parte del vettore, concernente l’espletamento degli adempimenti doganali, ai sensi degli artt. 18 e 19, Reg. UE n. 952/2013, che ha istituito il “Codice Doganale dell’Unione Europea”.

É previsto anche un termine per la distruzione delle merci contraffatte: si deve infatti procedere in tal senso entro 30 giorni dalla confisca, disposta ai sensi dell’art. 1, comma 7.

  • Chi è responsabile ad irrogare le sanzioni?

L’ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli territorialmente competente in relazione al luogo di accertamento della trasgressione.

  • Comma 7 quater la sanzione è irrogata ai sensi della legge n. 689/81.

§§§

Tutto ciò fermo restando quanto previsto 60ai sensi dell’ art. 1, c. 7, che punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100,00 fino a euro 7.000,00 l’acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale”.

Mentre, qualora l’acquisto venga effettuato da un operatore commerciale o importatore o comunque da qualunque altro soggetto diverso dall’acquirente finale la sanzione amministrativa pecuniaria è fissata, salvo che il fatto costituisca reato, in un minimo di euro 20.000,00 fino ad un massimo di euro 1.000.000,00.

Si provvede anche alla confisca amministrativa dei suddetti beni.

§§§

Di seguito un estratto dal testo integrale  della norma in commento:

Art. 22 Razionalizzazione della normativa sanzionatoria applicabile ai casi di introduzione nel territorio dello Stato di piccoli quantitativi di merce contraffatta da parte del consumatore finale. Attuazione del regolamento (UE) n. 608/2013. 1. Dopo il comma 7 dell’articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono inseriti i seguenti: «7-bis. E’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro fino a 7.000 euro l’acquirente finale che, all’interno degli spazi doganali, introduce con qualsiasi mezzo nel territorio dello Stato beni provenienti da Paesi non appartenenti all’Unione europea che violano le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti, in materia di proprieta’ industriale e di diritto d’autore, a condizione che i beni introdotti siano pari o inferiori a venti pezzi ovvero abbiano un peso lordo pari o inferiore a 5 chili e che l’introduzione dei beni non risulti connessa a un’attivita’ commerciale. 7-ter. L’onere economico della custodia e della distruzione delle merci e’ posto a carico dell’acquirente finale o, ove questi non provveda, del vettore e la distruzione deve avvenire nel termine di trenta giorni dalla confisca di cui al comma 7. 7-quater. La sanzione amministrativa di cui al comma 7-bis e’ irrogata dall’ufficio dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli competente per il luogo dove e’ stato accertato il fatto. La sanzione e’ applicata ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689».

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Deontologia e pubblicità

“Due avvocatesse, una città magica, la loro vita, il mondo legale…Lo show legale diventerà realtà”: è questo lo spot di un profilo Instagram dal nome Dc LegalShow in cui due giovani avvocatesse del Foro di Torino mostrano momenti della loro giornata privata e professionale tra un’attività di udienza, codici e toghe, un’intervista o una cena tra gli amici, momenti di relax alle terme. Non sono mancati nemmeno post e video nei quali le professioniste, con un lifestyle molto simile a quello della nota serie tv Sex and the City, si mostrano indossando tacchi vertiginosi e minigonne.

L’evento è diventato in breve un argomento discussione tra gli avvocati e non solo del loro Foro di appartenenza ed ha messo in allerta il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino che le ha convocate considerati i contenuti presuntamente lesivi della dignità e del decoro della professione.  

Alcune brevi considerazioni

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