Blockchain: la sfida nel settore food

Blockchain: la sfida nel settore agroalimentare contro le frodi

La tracciabilità è quello strumento che, da un lato, consente ai consumatori di effettuare scelte consapevoli attraverso “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione” (Reg. 178/02) e, dall’atro, comporta un quid pluris per l’azienda portando benefici  in termini di aumento delle garanzie, di riduzione dei costi, di maggior controllo, di comunicazione e marketing, di possibilità di creare valore aggiunto e di supporto ad altri processi aziendali.

A fronte dell’assoluta importanza che riveste il tema della tracciabilità, è evidente che risposte adeguate a detta necessità in questo momento storico possono derivare proprio dall’impiego della tecnologia e, in particolare, dalla Blockchain, che, come analizzato nell’elaborato potrà essere un valido supporto per essere conformi alla normativa sulla tracciabilità alimentare e, di conseguenza, la risposta alle esigenze manifestate da un mercato sempre più concorrenziale dove la reputazione aziendale assume sempre maggiore valore, un mercato che richiede un miglioramento dell’efficienza interna e della comunicazione esterna con gli altri attori della filiera e gli utenti finali.

Ma non solo.

Tra gli obiettivi principali della politica di sicurezza alimentare della Commissione europea troviamo la volontà di assicurare la sanità dei prodotti del mercato food: la Food Law Regulation (Reg. 178/02), fin dai considerando iniziali afferma che: «per garantire la sicurezza degli alimenti occorre considerare tutti gli aspetti della catena di produzione alimentare come un unico processo a partire dalla produzione primaria inclusa (…)» considerando n. 12). Inoltre il Reg. 178/02 all’art. 17, comma 1 dispone, che “Spetta agli operatori del settore alimentare e dei mangimi garantire che nelle imprese da essi controllate gli alimenti o mangimi soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte“.

Per poter affermare che un alimento è sicuro e non abbia, ad esempio, subito delle contaminazioni nei cicli di conferimento della materia prima o della trasformazione o della produzione, sarà quindi necessario risalire al momento in cui sono avvenute e ciò non sempre è facilmente possibile a causa di una supply chain articolata dove gli si moltiplicano gli attori, le informazioni, le risorse coinvolte nel processo atto a trasferire o fornire un prodotto. Anche in questo contesto potrà, quindi, essere di ausilio della Blockchain unitamente ad un circuito di tecnologie mirato al reperimento di più informazioni possibili su un certo prodotto o materia prima.

Tema, a sua volta, indissolubile rispetto alla sicurezza alimentare ed alla tracciabilità è quello delle frodi alimentari che minacciano la salute del consumatore-utente ma, altresì, il commercio e la reputazione delle eccellenze enogastronomiche con particolare riferimento ai  prodotti contrassegnati dalle denominazioni di origine (cfr. Dop, Igp..): secondo i dati raccolti dall’ICQRF (Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressione Frodi), sono migliaia e migliaia le tonnellate di prodotti sequestrati ogni anno.

Garantire la sicurezza alimentare comporterà, quindi, la possibilità di far fronte anche alle frodi alimentari, commerciali e sanitarie, ma per garantire la sicurezza alimentare si è visto che a monte è richiesta trasparenza e tracciabilità di tutta la filiera.  E’ evidente, quindi, che soddisfatti i requisiti di tracciabilità si porrà un presidio efficace per la lotta alle frodi e la Blockchain, in connubio con l’utilizzo di ulteriori tecnologie, ad oggi, parrebbe rappresentare una delle strade percorribili per garantire in modo certificato proprio trasparenza e tracciabilità di un determinato prodotto lungo l’intera sua filiera in modo che lo stesso non possa essere adulterato, alterato, sofisticato…con conseguenti danni al commercio e, soprattutto alla salute.

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Il mio intervento in breve…

La Blockchain nel settore food

E’ proprio la capacità di mettere in sicurezza una serie di informazioni ampie – tra loro collegate – che rende la blockchain uno strumento utile nello sviluppo rurale italiano, e ancor di più, fondamentale per garantire il nostro brand d’eccellenza: il Made in Italy. La blockchain ha il potenziale per trasformare il modo in cui le persone e le imprese interagiscono e collaborano e, anche per questo, è una buona soluzione per affrontare fenomeni che hanno impatti negativi come le sofisticazioni alimentari, l’Italian sounding o l’uso di sostanze che incidono sulla qualità dei prodotti e sulla salute dei consumatori.

 

L’utilizzo della blockchain apporterebbe vantaggi alle imprese a ai cittadini: i primi potrebbero certificare con la massima trasparenza la qualità dei prodotti offerti; i consumatori avrebbero la garanzia di cibarsi di alimenti la cui origine e qualità è dimostrata in maniera trasparente (soprattutto nei prodotti etichettati come “bio”).

Nel Registro distribuito, idealmente assimilabile a un data base digitale, i players della filiera immettono i dati del prodotto nel momento in cui lo lavorano. Tali informazioni sono condivise tra tutti gli operatori coinvolti senza l’ausilio di un intermediario terzo. Ciò garantisce l’immutabilità delle transazioni immesse. Di più, se un contraffattore provasse a falsificare l’etichetta dei propri prodotti inserendo lotti di merce precedentemente tracciati con la blockchain, la frode sarebbe facilmente individuabile poiché i codici già utilizzati dai prodotti originali non sono riutilizzabili. Oppure, prendiamo il caso di un produttore di latte che faccia parte di una filiera di produzione di formaggi DOP. Per ottenere tale qualifica è necessario dar prova della provenienza del latte e del luogo di lavorazione secondo uno specifico disciplinare di produzione. Attraverso la blockchain il produttore di latte e il caseificio che tale latte trasforma, possono certificare entrambe queste informazioni inserendo nel sistema i dati identificativi del lotto utilizzato, comprensivi delle relative marche temporali e di geolocalizzazione. L’etichetta intelligente (di cui parleremo infra) applicata sulla confezione del prodotto finito conterrà tutte queste informazioni le quali saranno accessibili al consumatore e alle autorità per i controlli del caso. Ma vi è di più. Qualora, ad esempio, un caseificio concorrente provi ad alterare l’etichetta dei propri prodotti asserendo di aver usato il lotto di latte precedentemente tracciato con la blockchain, la frode risulterà facilmente individuabile dalle autorità in quanto i codici impiegati dalla filiera del prodotto autentico risulteranno già utilizzati e quindi non reimpiegabili. Pensiamo, inoltre, al caso, di un’impresa che adotti una blockchain permissioned, vale a dire che prevede un controllo preciso su chi è autorizzato ad accedere alle varie informazioni registrate sulla blockchain. I consumatori potranno così reperire informazioni sulla storia del prodotto, ma solo i soggetti autorizzati potranno aggiungere e controllare le informazioni, in base al proprio ruolo all’interno della filiera. Ciò permetterà, stando alle società coinvolte, di assegnare in modo chiaro e immutabile le responsabilità di quanto verrà inserito e di gestire qualsiasi evento in tempo reale.

Ed ancora, prendiamo l’esempio della produzione di un alimento biologico e immaginiamo che i dati, i certificati, le autorizzazioni, le licenze – insomma tutti i documenti che possano comprovare la conformità alla legge – vengano trasmessi alla rete peer to peer; qui verranno incrociati e confrontati dai partecipanti alla blockchain, che faranno emergere, in caso di mancata corrispondenza, eventuali incoerenze. Laddove validati, saranno registrati in un sistema integrato e sincronizzato, nonché resi inalterabili e disponibili, nella loro totalità, alla vasta platea degli interessati, i quali potranno liberamente accedervi senza tuttavia possibilità di falsarli. Immaginiamo ancora che vi sia un ente certificatore, che integri e supporti nell’attività di verifica e validazione sia i controlli istituzionali, sia quelli posti a carico degli operatori e adottino un modello acentrico e trasparente anche per la gestione dei certificati stessi. Infine, per validare l’intero ciclo di vita degli alimenti prodotti garantendone l’autenticità e per verificare che non si siano aggiunte sostanze nocive o realizzate altre alterazioni di sorta, serviamoci dei medesimi software, delle applicazioni, delle telecamere e dei sensori che gli agricoltori già usano per massimizzare la produzione, migliorare la qualità del proprio raccolto e aumentare la redditività. Orbene, non è utopico affermare, da un lato, che i consumatori saranno maggiormente protetti da frodi e truffe; dall’altro, che i produttori e distributori onesti saranno finalmente ripagati degli impegni sostenuti, senza essere peraltro gravati da ulteriori carichi burocratici ed economici, che potranno anzi essere ridotti.

Infine, anche le forze dell’ordine e le amministrazioni potranno usufruire di questo prezioso bagaglio di dati per concentrare i propri controlli sulle realtà che presentino anomalie.

Del resto, adottando la Blockchain, non solo tutti i passaggi nella filiera restano in rete, ma mentre con l’attuale sistema i controlli avvengono solo a campione, con la blockchain tutti possono accedere ai dati inseriti e verificarli. E, dunque, sarà anche possibile bloccare molte truffe favorite dalla possibilità di modificare i dati o farli sparire. Un ulteriore tassello nel segno della legalità della filiera e finalizzato a rafforzare la lotta alla contraffazione, obiettivi prioritari per la difesa del benessere del consumatore, della tutela degli agricoltori e della legalità.

 

 

La Blockchain inserita in un circuito di tecnologie per ottenere rapporti disintermediati

 

Accanto alla blockchain, per ottenere una ricetta di successo e stabilire legami fiduciari disintermediati e superare quello che da alcuni è considerato l’unico limite della blockchain nel settore food, ossia basarsi sulla buona fede di chi inserisce i dati nei blocchi, dovranno essere impiegate anche altre  tipologie di tecnologie che potranno coadiuvarla per la tutela del settore food; diventano il tassello finale di un circuito di tecnologie mirato al reperimento di più informazioni possibili su un certo prodotto o materia prima.

In via esemplificativa, si vuole fare riferimento all’IoT (Internet of Things), all’AMS (Accelerator Mass Spectrometry) ai sistemi di rilevazione e/o trasmissione come QRcode, Rfid o codici a barre già esistenti.

L’IoT, letteralmente “Internet delle cose”, è una tecnologia che sta alla base della domotica (ad esempio nelle smart home) e prevede, attraverso specifici sensori applicati su oggetti, macchinari e stabilimenti, di ottenere dati aggregati in tempo reale, ricevere allarmi di malfunzionamenti, dialogare con la tecnologia attraverso i software di machine learning.

Lo scopo di questo tipo di soluzioni è sostanzialmente quello di monitorare e controllare, per poi trasferire le relative informazioni. In particolare, attraverso sensori integrati, ad esempio nei macchinari, è possibile conoscere la storia e lo stato dei prodotti alimentari; i dati raccolti, grazie alla crittografia, vengono strutturati in modo sequenziale in una forma più leggera, e così trascritti sulla blockchain, che renderà disponibile un amplissimo ventaglio di informazioni sul prodotto monitorato, dalle modalità di produzione a come è stato trasportato, da come è stato conservato al suo stato di qualità in qualsiasi momento, attimo per attimo, senza soluzione di continuità ed in modo immutabile.

 

L’AMS (Accelerator Mass Spectrometry) è una tecnica molto efficace in ambito agroalimentare (soprattutto per provare la provenienza delle merci “bio”) per validare, ad esempio, la qualità dei terreni sui quali vengono prodotti gli alimenti. Senza entrare nei dettagli, la tecnologia AMS, detta analisi isotopica, è una tecnica di laboratorio che consente di autentificare l’origine dell’alimento (ad esempio è possibile verificare se un aroma è naturale o sintetico, l’origine della carne, la natura biologia di una verdura, ecc…).

 

Il lettore QR code, già noto, consente di ottenere le informazioni contenute nella blockchain e relative alla catena di produzione, all’origine delle merci, alla loro lavorazione, ai luoghi di trasformazione ed ai passaggi distributivi.

 

Ulteriore elemento complementare nell’adozione della tecnologia Blockchain, potrà essere rappresento dall’intervento di Enti certificatori terzi (come vedremo è avvenuto nel caso della Regione Lombardia). Inoltre, è indubbio che questa tecnologia possa assumere un ruolo ancor più dissuasivo e deterrente a commettere condotte illegali se si propendesse per una blockchain pubblica nell’ambito della quale ogni attore potrebbe divenire un nodo e verificare i dati immessi precedentemente, così che una eventuale informazione non veritiera potrebbe comportare una grave perdita di credibilità dell’azienda incrinando il rapporto di fiducia con gli utenti e il mercato.

Non solo, se si coinvolgessero nel progetto le Amministrazioni, la loro partecipazione e la collaborazione (mediante magari la condivisione dei propri registri con i partecipanti della blockchain) consentirebbe di testare la corrispondenza tra i dati presenti nelle loro banche dati e quelli forniti dalle aziende.

 

Riassumendo, in via del tutto esemplificativa, attraverso l’adozione della Blockchain unitamente alle tecnologie menzionate, nonché con l’avvallo di Enti di certificazione, o di Pubbliche Amministrazioni, si potrà avere un quaderno tecnologico di campagna sempre aggiornato, certificato e distribuito sulla rete, per garantire qualità e trasparenza, oltre ad ulteriori vantaggi:

  • Per i produttori agricoli può essere il modo per avere il pieno controllo e maggiore sicurezza su ogni tentativo di manomissione del prodotto durante i vari passaggi, che necessariamente deve effettuare, prima che venga raggiunto il rivenditore;
  • I rivenditori, possono avere accesso a diverse informazioni che risultano utili nell’eventuale identificazione degli alimenti. Ad esempio, se un prodotto potenzialmente pericoloso dovesse in qualche modo arrivare sugli scaffali, i negozianti sarebbero in grado di rimuoverlo direttamente, evitando di dover bloccare intere partite;
  • Per i consumatori: avrebbero la possibilità di conoscere, con assoluta trasparenza l’origine, le trasformazioni e i passaggi subiti dall’alimento acquistato;
  • Le imprese potranno accrescere la propria competitività sul mercato e valorizzare il proprio marchio nonché proteggere la propria immagine e convalidare i propri sforzi virtuosi sui vari fronti della sostenibilità. Dimostrando l’effettivo rispetto verso gli ecosistemi, le comunità e i lavoratori;
  • Per tutta la filiera agroalimentare garanzia di tracciabilità con tutte le conseguenze già esposte in termini di tutela per le certificazioni di processo, la protezione dei prodotti DOP, IGP, Biologici, Made in Italy, la sicurezza alimentare e la lotta a frodi e contraffazioni;
  • Per le Autorità di controllo potranno usufruire di questo prezioso bagaglio di dati detenuto nei blocchi per concentrare i propri controlli sulle realtà che presentino anomalie.

 

Alcuni esempi di adozione della Blockchain nella GDO

 

 

La diffusione delle tecnologie blockchain, IoT e AMS, però, non sempre sono adottate, soprattutto dalle piccole imprese agricole poiché per implementarle:

  • servono investimenti iniziali cospicui che non sempre sono supportabili dalle piccole realtà agricole;
  • tutte le aziende coinvolte nella filiera devono dotarsi della tecnologie blockchain poiché la validazione e l’immissione dei dati deve avvenire lungo tutti i “blocchi” (passaggi) della catena, nessuno escluso.

Per questo, la sua implementazione è maggiormente diffusa, almeno al momento, soprattutto nella grande distribuzione. Uno dei primi colossi del food ad adottarla, infatti, è stata la catena Carrefour.

 

Il caso Carrefour

Il caso è recente, ma rappresenta l’apripista dell’utilizzo della blockchain in ambito alimentare.

Nel 2017, Emmanuel Delerm, specialista di gestione progetti presso Carrefour e a capo di un team di informatici, sviluppa un progetto di informazione dei prodotti distribuiti dal famoso colosso alimentare francese attraverso la tecnologia blockchain.

Il progetto viene avviato per tracciare i polli contadini di Auvergne distribuiti dalla società GDO per poi essere allargato ad altri prodotti col marchio Carrefour.

In un mondo pieno di informazioni, dove quello che viene promesso non sempre corrisponde al vero, i consumatori sono vittime di molteplici frodi alimentari che minano la loro fiducia nei confronti di quello che mangiano”: è quanto pubblicato sul sito della multinazionale alimentare, secondo la quale “La soluzione all’evoluzione delle loro richieste e la rinnovata attenzione alla provenienza dei prodotti risiede nella tecnologia Blockchain, un registro distribuito e immodificabile che permette di tracciare un prodotto lungo tutta la sua filiera, al fine di garantirne la provenienza e la qualità, e di mostrarlo al consumatore”.

La prima Blockchain sui polli allevati all’aperto senza antibiotici è stata implementata ad ottobre 2018. Successivamente sono state implementate quelle, a marchio Carrefour, sulle arance Tarocco e sui limoni di Sicilia. Il prossimo step riguarderà i pomodori.

 

Come detto Carrefour ha fatto da apripista nell’utilizzo della blockchain nel settore agroalimentare. Dopo il colosso francese, altre realtà produttive ed istituzioni hanno colto la bontà della tecnologia blockchain per contrastare la contraffazione alimentare e l’italian sounding.

 

La blockchain in ambito alimentare si espande…

La Regione Lombardia ha recentemente lanciato una piattaforma digitale basata sul meccanismo della blockchain per informare i consumatori in merito alla tracciabilità della carne e del latte.

Il progetto pilota riguarda il latte prodotto dalla Latteria sociale Valtellina e la carne distribuita dal Consorzio lombardo produttori carne bovina.

Sulle confezioni dei prodotti in questione si trovano i QR code attraverso i quali i consumatori possono risalire alla filiera di produzione.

Le informazioni inserite nella blockchain, visibile tramite QR code, sono verificati dalla Regione Lombardia o da società di certificazione private autorizzate a fronte di verifiche e ispezioni da parte di tecnici nelle stalle e di analisi sulla qualità di mangimi, somministrazione di farmaci, ecc…

 

La tecnologia blockchain si sta, comunque, diffondendo sempre più nel settore agroalimentare, partendo dai prodotti che sono il simbolo dell’eccellenza del Made in Italy, ovvero DOP, IGP o Biologici come l’olio, il vino, l’aceto balsamico di Modena, l’arancia rossa di Sicilia ecc.

E le aziende produttrici pare stiano capendo l’importanza di uno strumento tecnologico in grado di rendere trasparente la catena produttiva alimentare e di informare il consumatore attento che, al momento dell’acquisto, oltre a potere fare una scelta consapevole ed adeguata del cibo, sarà in grado di tutelarsi, al pari dei produttori, da marchi contraffatti o alimenti “corrotti”.

La Blockchian applicata a un prodotto DOP con il ricorso all’ausilio delle norme di settore e alla tecnologia Hi tech

In questo contesto, ulteriore ingrediente, indispensabile per ottenere una “ricetta” di successo sarà rappresentato dall’intervento di noi giuristi che dovremo coadiuvare l’operato di chi si occuperà del lato tecnologico, individuando i dati da immettere e trasmettere alla rete e da sottoporre a validazione addentrandoci nell’ampio ventaglio di norme e disposizioni che caratterizzano il food law. Come visto, del resto, è proprio dai dettami normativi che siamo partiti per arrivare a garantire, attraverso la Blockchian, quella tracciabilità dei prodotti che il legislatore vuole garantire ai fini della sicurezza alimentare.

 

Proviamo a vedere un caso pratico con riferimento, ad esempio, al formaggio Asiago DOP e valutiamo, in via esemplificativa, quali sono gli adempimenti previsti per legge e immaginiamo di trascriverli passo a passo nel nostro data base su cui, sfruttando le peculiarità proprie dell’architettura tecnologica, potremo cristallizzarli:

  • Siamo all’inizio della nostra timeline, l’azienda agricola è chiamata a individuare la zona di produzione in quanto il latte bovino utilizzato per la lavorazione dovrà derivare solo da allevamenti ubicati in un certo territorio bel delimitato; potremo innanzitutto “scrivere” nel nostro registro, oltre ovviamente al nome del produttore, i dati catastali delle zone interessate per favorire la geolocalizzazione e potremo ricorrere all’uopo all’utilizzo di sensori;
  • Dovrà, quindi, essere specificata quale sia l’alimentazione del bestiame in quanto è, ad esempio, vietato utilizzare, tra gli altri, come foraggio il fieno greco e come mangime ortaggi e frutta essiccati; a tal fine potrebbe intervenire un soggetto terzo, come si è visto per gli allevamenti in Lombardia, che verifichi la sanità e qualità dei mangimi e dei capi di bestiame, nonché la qualità delle stalle.
  • Dovrà, poi, essere annotata e monitorata ogni fase del processo produttivo documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo certificata ed autorizzata dall’ICQRF ovvero dallo stesso delegata, dei produttori di latte, raccoglitori, trasformatori, stagionatori e confezionatori di formaggio senza crosta, nonché attraverso la dichiarazione tempestiva, alla struttura di controllo delle quantità prodotte, è garantita la tracciabilità del prodotto con l’intervento di un Ente terzo. La verifica di non conformità di processo e di prodotto comporta il divieto di commercializzazione del prodotto con la denominazione Asiago. Tutti dati questi che andranno ad arricchire il nostro libro mastro e, quindi, potrebbero impedire ad esempio la commercializzazione del prodotto non autorizzato come se fosse DOP in quanto il dato rimarrebbe indelebile nel blocco pertinente;
  • Dovrà essere, quindi, specificata anche la qualità del latte che dovrà anche mantenere determinate temperature. In questo caso per assicurare la tracciabilità della temperatura del latte si potrebbe ricorrere alla tecnologia IoT in modo che i dati immessi nel libro mastro siano garantiti dalle rilevazioni, ad esempio dei sensori.
  • Le successive fasi sono quelle della «identificazione» e «marchiatura» che potranno essere certificate dalle strutture di controllo; e le modalità di «conservazione» e «stagionatura». Per queste ultime fasi, si potrebbe ricorre a sensori specializzati, posizionati nei locali di conservazione e nei magazzini posti nella zona di produzione (già geolocalizzata) e collegati a una centralina di acquisizione ed elaborazione dei dati, che consentirà la raccolta di dati certi, utili al produttore per verificare la temperatura dei locali (del resto già la norma, l’art. 7 del Disciplinare, prevede che «Tali condizioni devono essere evidenziate da idonea strumentazione») e a noi scrittori della blockchain per vagliarne la compliance. Attraverso indicatori specifici si provvederà così alla marcatura e alla tracciatura delle analisi derivanti da dati grezzi raccolti grazie all’intervento di questi mezzi tecnologici, nonché alla loro, cristallizzata, registrazione in blockchain.
  • Infine, gli artt. 8 e 9 del Disciplinare di produzione descrivono dettagliatamente le specifiche tecniche del prodotto finito, visive, chimiche, fisiche, microbiologiche ed igienico sanitarie, nonché le stesse modalità di confezionamento. Il mondo high tech presterà in questa circostanza il proprio supporto essendo ormai disponibili tecniche di analisi che determinano le proprietà chimiche degli alimenti e dei prodotti, sarà possibile rilevare e “segnare” nel nostro libro mastro non solo dati quantitativi ma anche qualitativi, così da verificare il rispetto dei canoni previsti dal disciplinare di produzione.

 

Tutto ciò premesso, considerato che le informazioni sul prodotto rese da un determinato soggetto della catena saranno a lui direttamente riconducibili, senza poter essere cancellate o manomesse, è evidente come gli attori della blockchain e, dunque, i protagonisti delle diverse fasi della filiera produttiva, si vincoleranno gli uni con gli altri nonché con il consumatore. In particolare, preservando la tecnologia blockchain l’immutabilità di tutti i dati presenti nella catena, questi saranno sottoponibili a un vaglio incrociato prima dell’accettazione di un nuovo blocco, verifica ancora più efficace se si considera la potenzialità democratica insita nella tecnologia blockchain e l’ampliamento della platea degli attori coinvolti nel controllo delle informazioni, tra cui anche la concorrenza che, ovviamente, vanterà un interesse diretto ad approfondire e smascherare eventuali incongruenze

 

Ecco, abbiamo redatto il nostro quaderno tecnologico di filiera.

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LOCANDINA EVENTO

Etichettatura e claim Vegano

Alla ricerca dell’etichetta. Informazione e comunicazione nel settore alimentare
 
Una serata con il mio Laboratorio giuridico di informazione e nutrizione per parlare dell’importanza della carta di identità degli alimenti, le etichette, e degli slogan, dei messaggi sempre più spesso riportati sulle confezioni dei prodotti, con un focus sul claim vegano/veg e vegetariano (perchè viene utilizzato sul vino? o sulla birra, è corretto? si o no e  perchè?). La comunicazione è fondamentale sia per l’operatore del settore alimentare che per il consumatore perchè solo se corretta può fare la differenza sia a livello reputazionale per l’azienda, il produttore, il laboratorio…soprattutto se il prodotto proposto sul mercato ha caratteristiche e qualità specifiche; sia per il consumatore che deve essere messo sempre nella condizione di poter scegliere ma, in particolare, allorchè abbia esigenze specifiche o dettate dalla preferenza per alimenti “senza”…
 
– Claim vegano e vegetariano: lo sapevate che non sono stabilite le condizioni di legge per il loro utilizzo? 
– Esistono delle certificazioni?
– Quali sono gli errori più frequenti nell’utilizzo di slogan (claim) che inneggiano al free from…? quale il ruolo delle disposizioni normative? Esistono?

Schema del D.lgs. di attuazione della Direttiva PIF

Dopo mesi di attesa, è stato approvato, in via preliminare, dal Consiglio dei Ministri lo schema del decreto legislativo di attuazione della Direttiva UE n. 2017/1371, meglio nota come Direttiva PIF (Protezione Interessi Finanziari) che si propone di armonizzare il diritto penale in materia tributaria e fiscale degli Stati membri dell’Unione Europea allo scopo di contrastare e punire le frodi che ledono gli interessi finanziari dell’UE.

L’iter di recepimento della Direttiva PIF nel nostro Paese è stata avviata con la Legge n. 117 del 4 ottobre 2019 (rubricata “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2018”), pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 245 del 18 ottobre scorso ed entrata in vigore il 2 novembre 2019 che contiene i principi e i criteri direttivi specifici per l’attuazione della direttiva (UE) 2017/137.

Ma è solo con il Consiglio dei Ministri del 23 gennaio scorso che il Decreto legislativo di attuazione della Legge 117/2019 è stato approvato, in esame preliminare, peraltro discostandosi dalle indicazioni presenti all’art. 3, comma 1 lett a) della stessa per le motivazioni addotte nella Relazione illustrativa del Decreto medesimo cui si rimanda.
Dallo schema di attuazione è possibile tracciare le intenzioni del legislatore ai fini della lotta contro la frode che lede gli interessi UE.

In particolare, a partire dalle indicazioni fornite con la Legge delega attuativa 117/2019 il legislatore si è mosso indicando la necessità di modificare alcune fattispecie di reato che ledono gli interessi finanziari dell’UE e di inasprire le pene, in alcuni casi, con un aumento di quella edittale massima fino a quattro anni di reclusione (peculato, indebita percezione di erogazioni e induzione a dare o promettere utilità).

Non solo.

Le modifiche più rilevanti riguardano oltre che il codice penale, il D.lgs. 74/2000 (reati tributari) e il D.lgs. 231/2001 (responsabilità degli enti), il testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (DPR 43/1973) e la legge in materia di aiuti comunitari al settore agricolo (Legge 23 dicembre 1986, n. 898).

Si tratta, quindi, di uno schema corposo che novella su più fronti la normativa del nostro ordinamento.

L’elaborato analizza le novità che potrebbero essere introdotte se lo schema del decreto legislativo di attuazione della Direttiva UE n. 2017/1371 venisse approvato senza modifiche.

Per punti gli argomenti trattati:

Modifiche al codice penale

Modifiche alla legge sui reati tributari

Modifiche al TU disposizioni doganali

Modifiche in tema di responsabilità degli Enti D.Lgs. 231/01

Modifiche in materia di aiuti comunitari al settore agricolo

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